I predatori
erano arrivati sicuri e famelici nei nuovi e dilatati spazi attraversati dal
Foglia avendo tutta l’intenzione di banchettare con i sei e ben pasciuti
animali del luogo, ignari di quel pericolo inaspettato ed esclusivamente
intenti a solitarie attività quotidiane come l’abbeveraggio alle disseminate
polle d’acqua, il ciondolante andirivieni tra un arbusto e l’altro, il
caracollante andare tra le assonnate femmine del proprio branco. Era il
preludio all’attacco.
La zebra Davi dilaniata sul bordo campo dal Mezghepardo.
Lo zoppicante zebù Mancio finito dal Potinopardo nelle vicine
frasche, tra compassionevoli e sconclusionati mugolii di dolore. Il battitore
swahili Angelo mutilato da jenaSimo. Pacio finito nella
pancia del Rigu. IppopotaMax trascinato sott’acque dall’alligAbel.
Antilopoto ghermito dal tigrAtto.. Le prede si erano difese
appellandosi al più elementare spirito di sopravvivenza. I predatori erano
motivati da una fame orgogliosa e ancestrale.
Poi, il tramestìo, la fuga scomposta, l’ognun per sé
senza curarsi d’altro. Sulla savana calava infine il silenzio, rotto solamente
dall’osceno e quieto pasteggiare di animali potenti e risoluti, mentre, sempre
più vicine, si allungavano le ombre degli avvoltoi. Stava arrivando il
crepuscolo, che avrebbe poi avvolto l’eterno confronto tra vita e morte.
MAX
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