LA SOLITA COMMEDIA.
Inferno (coloro che hanno perso e l’anima hanno perduto)
Sceso nell’Acheronte
Vidi tra i duchi e i conti,
lo spirto camaleonte
del nobile Stefano Tonti.
Serrando nel buio eterno
i guanti sul suo pallone,
scaldandosi nello inferno
le ossa ed il suo blasone.
Scorsi poi tra gli ignavi,
l’alma di colui che mai tornava,
m’avvidi ch’egli era Davi
che il solco mai e poi mai guatava.
Poi superai i cancelli
della bolgia dei barattieri,
condotti da Pontrelli,
distratto tra i suoi guerrieri.
Surse tra il vapor ferrigno
il sembiante di Rigucci,
il duca più segaligno, capace
di segnare avvolto, nei suoi crucci.
Nel baratro dei fraudolenti
Tra i mille e più sacelli,
il re degli scontenti,
s’assise coi suoi stornelli.
“Giocar fu alfin mio fiele”
Disse tra i suoi vicini,
m’accorsi ch’era Michele
falloso oltre i confini.
Purgatorio (coloro che hanno vinto ma l’anima hanno perdente)
Al cospetto del Purgatorio
dagli inferi fui tratto,
parlai nel dormitorio
con l’anima di Atto.
Egli mi disse infine
-“l’anima mia fu ivi tratta,
di colpo ed in sol salto”,
mai feci goal in vita
perché tiravo alto.
Nel còrnice degli iracondi,
saettava lo spirto mai parco,
del nobile tra i giocondi,
dai più chiamato Marco.
Giunto nella valletta dei principi negligenti
una figura mesta aveva fatto un voto,
mi corse infine incontro, lento tra i diligenti,
dal roco suo parlare vi riconobbi Poto.
La balza dei giocator golosi
Incontro mi correa,
divorato dall’artrosi
era lo sferoide Andrea.
Al sommo dell’Eden in terra
riconobbi uno statale,
ei fu portiere in guerra
ora si tuffa, e male.
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