Caro Abel
Ti scrivo queste accorate righe dopo essermi accertato personalmente con te sul fatto che le cose stanno andando meglio. Oltretutto, approfittando del tuo fisico di ferro, mi hai detto che fra poco andrai alla clinica oculistica rinomata in tutto il mondo per la sua professionalità medica specialistica oltre che per la perizia diagnostica (leggasi "Ottico Venturi", Via Cialdini, Pesaro) per provare a vedere più a fondo nell'occhio ferito. Mi hai anche detto che ancora sei in fase di rincoglionimento in seguito al trauma (hai sfarfugliato qualcosa del tipo "eeeh, seeehhh, in efeti...il tiro era davero molto forte...mi ha preso bene...eeeeeeeeeheeeeeee...sehhhhhh...eh eh eh...viva la vida, abbasso la muerte..."), e questo non mi preoccupa più di tanto, perchè, sotto questo aspetto, la situazione di partenza è già di per sè abbastanza avanzata e quindi non grave più di tanto. Provo a ricostruire con te cosa mi è passato per la testa in quel drammatico istante in cui, avendo di fronte a me circa otto metri quadrati di porta spalancata, l'intera parete del pallone posteriore, il soffitto del pallone stesso, volendo, ai miei lati, le pareti parallele lunghe oltre 30 metri e, per essere precisi fino in fondo, alle mie spalle e nel campo al di là della rete, uno spazio decisamente ampio, ho mirato verso il tuo volto scaricando nel tiro forse più forte della mia intera carriera tutta la voglia frustrata di fare gol per riaprire definitivamente il match, colpendo, in una botta sola, fronte, guancia, naso, bocca, orecchio, nuca, collo, ma, soprattutto e purtroppo, l'occhio destro. Beh, in effetti, non so cosa mi è passato per la testa. Se lo sapessi non avrei sicuramente tirato così. Quando ti ho visto, colpito come un pupazzo di Pontrelli in volo, cadere pesantemente al suolo (d'altronde la leggiadria non è una tua caratteristica) e smuovere la testa come Mescal dopo i cazzotti di Bud Spencer nel film Trinità, ho temuto il peggio. Poi, però, barcollando, ti sei rialzato e pur con la faccia ridotta, lì per lì, come quella di Rocky III ("io lo spiezzo in due"), sei riuscito ad arrivare con le tue gambe al posto di soccorso e raggiungere gli spogliatoi da solo. Ma, caro Abel, la cosa più grave, più triste, più gretta da relativizzare all'accaduto, è stata la subdola strumentalizzazione dei tuoi compagni di squadra (Stramaccioni, lo smilzo, il lungo e il burbero) che, ben consapevoli della rimonta subita dagli scatenati avversari (pizzaiolo seduto, il panzer Lillo, il palo della luce, spento, e lo zar del Buddah Bar), mentre ancora dovevi toccare il suolo, già urlavano a gran voce "FINITA!!! FINITA!!! Chiamate la Croce Rossa, la Protezione Civile, la Polizia...Salviamolo, salviamolo!!!". Così la partita è stata sospesa, nel nulla, sul 10-8 per i bianchi e, ovviamente, non omologata, dato che mancavano ancora più di 10 minuti alla fine. A parte tutte queste considerazioni, però, caro Abel, ti chiedo ancora scusa per l'accaduto e spero proprio di rivederti in campo lunedì prossimo, anche perchè, mi sembra doveroso, devo tentare di completare l'opera con l'occhio sinistro...
Voglio concludere questa missiva confessando di aver preso lo spunto per impostare così il racconto di quanto accaduto ieri dalla nuova guru del marketing culinario Anna Lisa Sissia, che ieri ci ha prima accusato di farle del mobbing (?), poi ci ha minacciato di licenziarci in deroga all'art. 18 e alla nuova riforma sul lavoro e, infine, se l'è presa con Mancini dicendo la cosa più ovvia di questo mondo (un po' come dire che oggi è il 27 marzo...), e cioè che il fratello Marco è più simpatico di lui. Che scoperta!
Il tuo amico cronista
Nessun commento:
Posta un commento